The Cat and the Mouse in partnership
(MP3-3,2 MB 6' 39")
A cat had made acquaintance with a mouse, and had spoken so much of the great love and friendship she felt for her, that at last the Mouse consented to live in the same house with her, and to go shares in the housekeeping. 'But we must provide for the winter or else we shall suffer hunger,' said the Cat. 'You, little Mouse, cannot venture everywhere in case you run at last into a trap.' This good counsel was followed, and a little pot of fat was bought. But they did not know where to put it. At length, after long consultation, the Cat said, 'I know of no place where it could be better put than in the church. No one will trouble to take it away from there. We will hide it in a corner, and we won't touch it till we are in want.' So the little pot was placed in safety; but it was not long before the Cat had a great longing for it, and said to the Mouse, 'I wanted to tell you, little Mouse, that my cousin has a little son, white with brown spots, and she wants me to be godmother to it. Let me go out to-day, and do you take care of the house alone.'
'Yes, go certainly,' replied the Mouse, 'and when you eat anything good, think of me; I should very much like a drop of the red christening wine.'
But it was all untrue. The Cat had no cousin, and had not been asked to be godmother. She went straight to the church, slunk to the little pot of fat, began to lick it, and licked the top off. Then she took a walk on the roofs of the town, looked at the view, stretched herself out in the sun, and licked her lips whenever she thought of the little pot of fat. As soon as it was evening she went home again.
'Ah, here you are again!' said the Mouse; 'you must certainly have had an enjoyable day.'
'It went off very well,' answered the Cat.
'What was the child's name?' asked the Mouse.
'Top Off,' said the Cat drily.
'Topoff!' echoed the Mouse, 'it is indeed a wonderful and curious name. Is it in your family?'
'What is there odd about it?' said the Cat. 'It is not worse than Breadthief, as your godchild is called.'
Not long after this another great longing came over the Cat. She said to the Mouse, 'You must again be kind enough to look after the house alone, for I have been asked a second time to stand godmother, and as this child has a white ring round its neck, I cannot refuse.'
The kind Mouse agreed, but the Cat slunk under the town wall to the church, and ate up half of the pot of fat. 'Nothing tastes better,' said she, 'than what one eats by oneself,' and she was very much pleased with her day's work. When she came home the Mouse asked, 'What was this child called?'
'Half Gone,' answered the Cat.
'Halfgone! what a name! I have never heard it in my life. I don't believe it is in the calendar.'
Soon the Cat's mouth began to water once more after her licking business. 'All good things in threes,' she said to the Mouse; 'I have again to stand godmother. The child is quite black, and has very white paws, but not a single white hair on its body. This only happens once in two years, so you will let me go out?'
'Topoff! Halfgone!' repeated the Mouse, 'they are such curious names; they make me very thoughtful.'
'Oh, you sit at home in your dark grey coat and your long tail,' said the Cat, 'and you get fanciful. That comes of not going out in the day.'
The Mouse had a good cleaning out while the Cat was gone, and made the house tidy; but the greedy Cat ate the fat every bit up.
'When it is all gone one can be at rest,' she said to herself, and at night she came home sleek and satisfied. The Mouse asked at once after the third child's name.
'It won't please you any better,' said the Cat, 'he was called Clean Gone.'
'Cleangone!' repeated the Mouse. 'I do not believe that name has been printed any more than the others. Cleangone! What can it mean?' She shook her head, curled herself up, and went to sleep.
From this time on no one asked the Cat to stand godmother; but when the winter came and there was nothing to be got outside, the Mouse remembered their provision and said, 'Come, Cat, we will go to our pot of fat which we have stored away; it will taste very good.'
'Yes, indeed,' answered the Cat; ' it will taste as good to you as if you stretched your thin tongue out of the window.'
They started off, and when they reached it they found the pot in its place, but quite empty!
'Ah,' said the Mouse,' 'now I know what has happened! It has all come out! You are a true friend to me! You have eaten it all when you stood godmother; first the top off, then half of it gone, then----'
'Will you be quiet!' screamed the Cat. 'Another word and I will eat you up.'
'Cleangone' was already on the poor Mouse's tongue, and scarcely was it out than the Cat made a spring at her, seized and swallowed her.
You see that is the way of the world.
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Il Gatto e il Topo in società
Una gatta aveva fatto conoscenza con una topolina, e le aveva parlato tanto del grande amore e dell’amicizia che nutriva per lei, che infine la Topolina acconsentì a vivere nella stessa casa con lei, e a dividere il governo della casa. “Dobbiamo rifornirci per l’inverno o patiremo la fame,” disse la Gatta “Tu, Topolina, non puoi avventurarti dovunque perché potresti finire in una trappola”. Il buon consiglio fu seguito, e fu acquistato un vasetto di grasso. Ma non sapevano dove metterlo. Alla fine, dopo una lunga consultazione, la Gatta disse “Non conosco nessun posto come la chiesa in cui potremmo tenerlo. Nessuno tenterà di portarlo via da là. Lo nasconderemo in un angolo, e non lo toccheremo finché non ne avremo bisogno.” Così il vasetto fu posto al sicuro; ma non passò molto tempo che la Gatta ne sentì una gran voglia, e disse alla Topolina. “Volevo dirti, Topolina, che mia cugina ha avuto un cucciolo, bianco a macchie marroni, e mi vuole come madrina. Lascia che io vada e prenditi cura della casa da sola.”
"“Sì, vai pure,” replicò la Topolina “ e quando mangerai qualcosa di buono, pensa a me; io sarei molto contenta di una goccia di vino rosso battesimale.”
Ma era tutto falso. La gatta non aveva una cugina e non era stata richiesta come madrina. Andò dritta in chiesa, sgattaiolò fino al vasetto di grasso, cominciò a leccarlo, e leccò via il primo strato. Poi fece una passeggiata sui tetti della città, guardò il panorama, si stiracchiò al sole, e si leccò i baffi ogni volta in cui pensò al vasetto di grasso. Quando fu sera tornò di nuovo a casa.
“Ah, sei di nuovo qui!” disse la Topolina; “Certamente hai avuto una giornata piacevole.”
“È andata molto bene.” Rispose la gatta.
“Come si chiama il piccolo?” chiese la Topolina.
“Primo Strato,” disse ironicamente la Gatta.
“Primostrato!” ripeté la Topolina, “Davvero un nome stupendo e strano. È di famiglia?”
“Che c’è di strano?” disse la Gatta. “Non è peggio di Ladrodipane, come si chiama il tuo figlioccio.”
Non molto più tardi la Gatta fu di nuovo presa da una gran voglia di grasso. Disse alla Topolina, “Dovresti essere tanto gentile da accudire la casa da sola, perché sono stata chiamata una seconda volta a fare da madrina, e siccome questo cucciolo ha un anello bianco intorno al collo, non posso rifiutare.”
La gentile Topolina accettò, ma la Gatta si dileguò sotto il muro cittadino fino alla chiesa, e mangiò metà del vasetto di grasso. “Niente ha un sapore migliore” disse “ di ciò che si mangia da soli” e fu molto contenta di ciò che aveva fatto. Quando tornò a casa la Topolina chiese,”Come è stato chiamato questo piccino?”
“Mezzo Andato,” rispose la gatta.
“Mezzoandato! Che razza di nome! Non ne ho mai udito uno simile in vita mia. Non credo sia sul calendario.”
Presto la Gatta ebbe di nuovo l’acquolina dopo la faccenda delle leccatine. “Tutte le cose buone vengono a tre per volta,” disse alla Topolina; “Devo fare di nuovo da madrina. Il piccolo è tutto nero, ha le zampe bianchissime, ma non un solo pelo bianco in tutto il corpo. Ciò accade una volta ogni due anni, mi lascerai andare?”
“Primostrato! Mezzoandato!” ripetè la Topolina, “sono nomi così bizzarri, mi danno da pensare.”
“Oh, te ne stai chiusa in casa con la tua pelliccia grigio scuro e con la tua lunga coda” disse la Gatta, “e diventi fantasiosa. Questo accade quando non si esce tutto il giorno.”
La Topolina fece una bella pulizia mentre la Gatta era fuori, e mise in ordine la casa; ma la Gatta ingorda mangiò tutti i bocconcini di grasso.
“Quando è finito tutto ci si può riposare” si disse, e di notte tornò a casa satolla e soddisfatta. La Topolina chiese subito dopo il nome del terzo piccolo.
“Niente potrà piacerti senz’altro,” disse la Gatta, “È stato chiamato Pulizia Fatta”
“Pulizafatta!” ripetè la Topolina. “Non credo che questo nome sia stato scritto più degli altri. Puliziafatta” Che cosa può significare?” Scosse la testa, si raggomitolò e si mise a dormire.
Da allora più nessuno chiese alla Gatta di fare da madrina, ma quando venne l’inverno e non ci fu nulla fuori, la Topolina ricordò la loro provvista e disse, “Vieni, Gatta, andremo al nostro vasetto di grasso che abbiamo immagazzinato; avrà un gusto buonissimo.”
“Sì, in effetti,” rispose la gatta; “Per te avrà un gusto buono come se allungassi la tua linguetta fuori dalla finestra.”
Si avviarono, e quando lo raggiunsero, trovarono il vasetto al suo posto, ma completamente vuoto!
“Ah,” disse la Topolina, “ora capisco che cosa è accaduto! È tutto chiaro! Sei una vera amica per me! Hai mangiato tutto quando facevi la madrina, prima primo strato, poi mezzo andato, poi …”
“Stai zitta!” strillò la Gatta. “Un’altra parola e mangerò anche te.”
“Puliziafatta” era ancora sulla punta della lingua della povera Topolina, e la parola era appena uscita che la Gatta fece un balzo su di lei, la afferrò e la ingoiò.
Vedi, così va il mondo.
Andrew Lang non cita la fonte di questa favola, ma è un'altra versione dell’omonima fiaba scritta dai fratelli Jacob e Wilhelm Grimm, inserita nella raccolta Kinder und Hausmärchen, 1^ ed. Berlino 1812/1815 (n.d.T)
(traduzione dall'inglese di Annarita Verzola)
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