Le favole di Lang

LIBRO VIOLA

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The Two Frogs

(MP3;03'54'')


Once upon a time in the country of Japan there lived two frogs, one of whom made his home in a ditch near the town of Osaka, on the sea coast, while the other dwelt in a clear little stream which ran through the city of Kioto. At such a great distance apart, they had never even heard of each other; but, funnily enough, the idea came into both their heads at once that they should like to see a little of the world, and the frog who lived at Kioto wanted to visit Osaka, and the frog who lived at Osaka wished to go to Kioto, where the great Mikado had his palace.

So one fine morning in the spring they both set out along the road that led from Kioto to Osaka, one from one end and the other from the other. The journey was more tiring than they expected, for they did not know much about travelling, and half way between the two towns there arose a mountain which had to be climbed. It took them a long time and a great many hops to reach the top, but there they were at last, and what was the surprise of each to see another frog before him! They looked at each other for a moment without speaking, and then fell into conversation, explaining the cause of their meeting so far from their homes. It was delightful to find that they both felt the same wish—to learn a little more of their native country—and as there was no sort of hurry they stretched themselves out in a cool, damp place, and agreed that they would have a good rest before they parted to go their ways.

'What a pity we are not bigger,' said the Osaka frog; 'for then we could see both towns from here, and tell if it is worth our while going on.'

'Oh, that is easily managed,' returned the Kioto frog. 'We have only got to stand up on our hind legs, and hold on to each other, and then we can each look at the town he is travelling to.'

This idea pleased the Osaka frog so much that he at once jumped up and put his front paws on the shoulders of his friend, who had risen also. There they both stood, stretching themselves as high as they could, and holding each other tightly, so that they might not fall down. The Kioto frog turned his nose towards Osaka, and the Osaka frog turned his nose towards Kioto; but the foolish things forgot that when they stood up their great eyes lay in the backs of their heads, and that though their noses might point to the places to which they wanted to go their eyes beheld the places from which they had come.

'Dear me!' cried the Osaka frog, 'Kioto is exactly like Osaka. It is certainly not worth such a long journey. I shall go home!'

'If I had had any idea that Osaka was only a copy of Kioto I should never have travelled all this way,' exclaimed the frog from Kioto, and as he spoke he took his hands from his friend's shoulders, and they both fell down on the grass. Then they took a polite farewell of each other, and set off for home again, and to the end of their lives they believed that Osaka and Kioto, which are as different to look at as two towns can be, were as like as two peas.



Japanische Marchen.

le due rane

 


C’erano una volta due rane che vivevano in Giappone, una delle quali si era stabilita in un fosso vicino alla città di Osaka, sulla costa, mentre l’altra abitava in un limpido ruscelletto che scorreva vicino alla città di Kioto. A causa della distanza non si conoscevano l’una dell’altra; strano a dirsi, venne in mente a tutte e due che sarebbe stato gradevole vedere un po’ di mondo, così la rana che viveva a Kioto decise di visitare Osaka e la rana che viveva a Osaka desiderò andare a Kioto, città in cui si trovava il palazzo del grande Mikado. (1)

Così in una bella mattina di primavera entrambe si misero in cammino lungo la strada che conduceva da Kioto a Osaka, una da una estremità e l’altra dall’altra. Il percorso fu più faticoso di quanto si aspettassero perché non ne sapevano un granché di viaggi e a metà strada tra le due città sorgeva una montagna che dovettero scalare. Occorsero loro molto tempo e una gran quantità di salti per raggiungere la cima, ma quando giunsero alla fine, ebbero ciascuna la sorpresa di trovarsi di fronte un’altra rana! Si guardarono per un momento a vicenda senza parlare, poi si misero a chiacchierare, rivelandosi il motivo di quell’incontro così lontano dalle loro case. Furono contente di scoprire che avessero avuto il medesimo desiderio – imparare qualcosa di più dei loro paesi natii – e siccome non avevano fretta, si sdraiarono in un posto fresco e umido e concordarono che si sarebbero riposate ben bene prima di riprendere il cammino.

”Peccato che non siamo più grandi,” disse la rana di Osaka, “perché allora potremmo vedere entrambe le città da qui e dirci se valga la pena di andarci.”

”Oh, è facile riuscirci.” rispose la rana di Kioto. “Dobbiamo solo Stare sulle zampe posteriori e salire l’una sull’altra e allora potremo guardare a vicenda la città verso cui stiamo viaggiando.”

Questa idea piacque tanto alla rana di Osaka che subito balzò in piedi mise le zampe anteriori sulle spalle dell’amica, anche lei alzatasi. Allora entrambe stettero ritte, allungandosi che potevano, e abbracciandosi saldamente l’un l’altra così da non poter cadere. La rana di Kioto volse il naso verso Osaka, e la rana di Osaka volse il naso verso Kioto; però le due sciocche dimenticarono che, quando stavano ritte, i loro grandi occhi erano sul retro della testa e che sebbene i nasi puntassero verso il luogo in cui volevano andare, gli occhi guardavano il luogo dal quale erano venute.

”Povera me!” gridò la rana di Osaka, “Kioto è esattamente come Osaka. Non merita certo un viaggio tanto lungo. Tornerò a casa!”

”Se avessi avuto una vaga idea che Osaka era la copia di Kioto, non avrei mai percorso tutta questa strada.” esclamò la rana di Kioto e, mentre parlava, tolse le zampe dalle spalle dell’amica ed entrambe caddero nell’erba. Allora si salutarono rispettosamente l’un l’altra e tornarono verso casa; fino alla fine dei loro giorni credettero che Osaka e Kioto, che erano tanto diverse da vedere quanto lo possono essere due città, fossero simili come due gocce d’acqua.



Fiaba giapponese



(1) Termine che indicò dapprima il palazzo imperiale, successivamente il sovrano, cioè l’imperatore del Giappone; con quest’ultimo significato oggi è adoperato solo in usi poetici e nelle allocuzioni solenni e, in sua vece, si usano altri termini, come, per es., tenno («imperatore celeste»).

(traduzione dall'inglese di Annarita Verzola)

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